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QUELLI CHE TACCIONO PARLANO PIU’ DEGLI ALTRI

C’è qualcosa di più terribile, nell’operazione di genocidio che Israele sta ponendo in essere nei confronti dei palestinesi, del vedere uomini e donne che, in divisa o meno, partecipano attivamente alla pulizia etnica in atto ed è il silenzio, l’accondiscendenza della quasi totalità dei governi e delle diplomazie internazionali.
La vendetta è un sentimento composito, strettamente personale anche quando viene convogliata nel collettivo; allo stesso modo e anzi ne costituiscono il presupposto, l’educazione a scuola, in famiglia e nella società in cui si nasce e cresce, l’indottrinamento, la propaganda, l’uso ossessivo e strumentale della memoria che impregnano ogni secondo della propria vita, sono allo stesso tempo di ciascuno e di tutti. Il che porta a comprendere come sia possibile assistere a un episodio che dieci, trenta, cinquanta, cento anni fa avrebbe scatenato il disgusto, lo sdegno internazionale, la ribellione, la mobilitazione, la condanna nei confronti dello Stato e dei suoi rappresentanti, fino all’ultimo soldato. Tutte reazioni debitamente manifestate, an che nel recente passato, nei confronti di massacri molto meno furiosi e sfacciati. Dipende, come sempre, dai rapporti di forza. Anche (soprattutto) mediatica.
Sfacciati, è la parola che sembra più adatta e questa sfacciataggine è consentita dall’indifferenza e dal silenzio: chi tace – nel suo tacere – è decisamente più eloquente del primo ministro, del colono, del rabbino integralista e razzista.
E’ più eloquente perché, in qualche maniera, da loro ce lo si poteva aspettare, per non parlare del fatto che quelli che ammazzano donne e bambini brandendo in una mano la stella di Davide e nell’altra, metaforicamente, la memoria della Shoah, se non altro trovano ragioni, giustificazioni, legittimazioni. Anche e soprattutto da parte di coloro che li armano.
Ma: chi tace? Chi non alza la voce? Che motivo hanno? Che giustificazione hanno?
Vorremmo, almeno, che ci fosse risparmiata l’offesa alla nostra intelligenza, nel sentirci parlare di senso di colpa nei confronti degli ebrei per secoli di antisemitismo e per quanto è accaduto nella seconda guerra mondiali. Non ce lo dicano più, perché sono solo chiacchiere, senza neanche distintivo. Nessuna colpa, per quanto grave e risalente, può consentire il tacere di fronte a quanto, da quasi un anno, accade a Gaza e in Cisgiordania.
In fondo, a voler essere comprensivi oltre ogni dire e ogni merito, si può dire che basterebbe poco. Basterebbe che, ogni qual volta una casa, una tendopoli, un convoglio umanitario vengono distrutti dalle bombe col loro carico di assassinati, e che qualcuno di quelli che danno l’ordine dica Erano scudi umani utilizzati dai terroristi, ecco basterebbe che qualcuno ribattesse:
Ma non è norma basilare del corpo di polizia e dell’esercito di uno Stato che si definisca democratico, evitare IN QUALSIASI EVENIENZA l’uso delle armi da fuoco in presenza di civili, che potrebbero essere vittime della sparatoria?

Cesare Stradaioli

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