DUE PESI, UNA MISURA

Diciamo che è lo stesso: così chiudiamo ogni discorso e la coscienza è a posto.
O forse non è così; Alessandro Piperno, nel rivendicare il ramo ebraico paterno, dice che vedere bambini insanguinati a Gaza gli fa orrore e altrettanto valga per le vittime del 7 ottobre. Penna acuta tanto quanto arguta (altrettanto?), Piperno è troppo intelligente e capace di modulare i termini per pensare di cavarsela con così poco: l’avverbio suscita molte perplessità, per non parlare del fatto che, una volta registrato l’avvenimento (che sia durato mezza giornata o sia tutt’ora in corso rileva poco, sotto questo aspetto), abbiamo il dovere e anche il diritto di interrogarci su chi sia stato l’autore del gesto. Non basta l’espressione del ribrezzo, ci vuole altro.
Mettiamo da parte il dato tutt’altro che secondario, stando al quale anche i sassi sanno che se Hamas non è stata una tavola apparecchiata dai servizi israeliani per combattere la dirigenza laica dell’OLP, sicuramente Tel Aviv l’ha imbandita. Questa creatura politico-religiosa-militare poco incline all’applicazione del metodo democratico, così come piace ai liberali occidentali, oltre ad avere come programma la distruzione dello Stato ebraico, da praticarsi esclusivamente tramite la lotta armata, con l’uso delle stesse armi avrebbe come progetto anche una specie di califfato, non meglio definito. Di contro, abbiamo un governo eletto (più volte) a seguito di consultazioni alle quali è chiamato un popolo libero di esprimere il proprio voto, in un meccanismo magari farraginoso ma certamente scevro da dubbi in punto di regolarità. Un governo che guida un Paese, questo sì democratico – anche se non riconosce la Corte Internazionale de l’Aja e non consente agli ispettori dell’ONU (di cui pure fa parte) di svolgere il compito affidato loro dall’organismo internazionale – animato quanto meno nei progetti originari da solidarietà, civiltà e progresso.
Il massacro del 7 ottobre vale altrettanto, rispetto ai trentacinquemila morti – conta da aggiornare – causati dalla reazione israeliana? Il fatto a dare la voce alle armi contro i civili sia stato un movimento che non sembra avere particolarmente a cuore la libertà e i diritti umani ma anche da un esecutivo liberamente eletto da un popolo libero, ha lo stesso significato? E’ questo che dice (o non dice) Alessandro Piperno? Dovrebbe anche avere la compiacenza di dirci se, a suo modo di vedere, le vittime dei mitra e dei bombardamenti si contino o si pesino: saremmo tentati di pensare che secondo lui debbano essere contati e che non ci siano morti di categorie diverse e però, in questo caso, la conta gli torna malissimo, specie usando l’alttrettanto.
Poniamoci un’altra domanda: esiste una differenza, sotto il profilo morale e umano, tra un manipolo di nazionalisti serbi fascisti e nostalgici del Re che riceve l’ordine di entrare a Srebrenica, selezionare tutti i maschi dai dieci anni in su, sterminarne a migliaia e buttarli in fosse comuni e un esercito che bombarda ospedali e convogli umanitari, causando non solo decine di migliaia di morti ma anche l’esodo (il termine dovrebbe suonare qualcosa alle orecchie di vive all’ombra della stella di David) di milioni di poveri disgraziati, privati anche di quella miserabile terra costituita da campi profughi? A noi pare che avvenimenti del genere avrebbero fatto indignare sia il maresciallo Tito sia le anime buone e oneste che avevano immaginato un Israele un tantino diverso da uno Stato soggiogato da rabbini razzisti e coloni armati che sparano sui civili ai quali derubano le terre assegnate e QUI l’altrettanto utilizzato da Piperno sembra decisamente più calzante.
Il problema, però, è che quei due altrettanto non valgono reciprocamente altrettanto: quanto valgano, lo decida la coscienza di ciascuno, ma l’indignazione in balia di se stessa, senza andare a scovare l’autore di ogni singolo orrore dal 1945 in poi, la si lasci pure in soffitta, che dorme così bene.

Cesare Stradaioli