BALLE SPECIALI

Come la totalità degli italiani, esclusi alcuni rappresentanti sindacali, del governo di allora e dell’azienda, non conosco – se non dalle notizie di stampa: ergo, li ignoro completamente – i dettagli del contratto sottoscritto dalla Arcelor Mittal, operante nell’ex Ilva di Taranto. So di non sapere qualcosa ma, al tempo stesso, so di sapere qualcosa d’altro: nello specifico, in merito alla questione (posto che esista davvero: le fake news sono ben altra e più grave cosa dei gattini nati con due teste) della cosiddetta ‘immunità penale’ di cui, ai sensi del suddetto contratto, dovrebbero beneficiare i dirigenti della multinazionale dell’acciaio, quanto meno rispetto a determinate situazioni interne alla gestione della struttura.
Se non ho compreso male, l’accordo contrattuale rischia di essere vanificato, con conseguente disimpegno da parte dell’Arcelor Mittal, proprio in relazione al fatto che tale ‘immunità’ non verrebbe più garantita, pur se sottoscritta. Se le cose stanno in questo modo, bisogna fare chiarezza.
In Italia esiste l’obbligatorietà dell’azione penale. Detta in termini più semplici possibile, CHIUNQUE, a meno che non si chiami Sergio Mattarella (esclusa l’ipotesi di alto tradimento) e che non sia uno dei novecento e oltre parlamentari (limitatamente alla loro attività politica) e tutti costoro per il solo periodo in cui sono in carica, è soggetto a iscrizione a notizie di reato ed, eventualmente, ad azione penale (quando da indagato diventa imputato), sol che la notizia percepita dall’autorità giudiziaria riguardi un reato perseguibile d’ufficio o su denuncia querela. Ciò significa che la competente Procura della Repubblica non può – per calcolo politico, per strategia di indagine, per quello che si vuole – decidere se procedere o meno con le indagini: l’iscrizione a notizie di reato è obbligatoria, nei due casi di cui sopra. Ciò significa, come minimo, altre due cose.
La prima: qualcuno – chi ha pensato questa clausola, chi ha letto la bozza, chi l’ha scritta, chi l’ha sottoscritta, chi l’ha resa nota – ha pensato, letto, scritto e ha menato vanto (il ministro competente di allora: Carlo Calenda, tanto per non fare nomi) relativamente a una solenne e pericolosissima idiozia. Per ignoranza, per dabbenaggine, per stupidità congenita, per conformismo, quello che si preferisce. E su questo ha costruito un accordo da cui è derivato un bonus elettorale, anche questo tanto per cambiare alle spalle dei cittadini, quelli di Taranto, nel nostro caso.
La seconda è un’ipotesi alternativa: è stata scritta eccetera, nient’affatto nell’ignoranza e, al contrario, nella piena consapevolezza trattarsi dell’idiozia di cui sopra, nello specifico intento di giocarsela come un jolly a Giochi senza Frontiere. In altre e poche parole, nel disegno complessivo di quello che, se non possa essere definito ricatto, allora bisognerebbe accordarsi sulle parole. Perché è evidente come, dovesse verificarsi un fatto passibile di notizia di reato, qualora chi fosse interessato opponesse una simile clausola per evitare conseguenze penali, qualsiasi giudice nel nostro Paese – civile o penale che fosse – lancerebbe in fascicolo in faccia a chi la sollevasse, alla stregua di quello che leggenda vuole facesse del libretto universitario un noto docente dell’ateneo padovano al candidato che gli rispondeva in maniera palesemente errata. Che, detta a titolo personale, è quello che meriterebbe un candidato all’esame di Diritto Penale parte generale il quale rispondesse affermativamente alla domanda se una tale clasuola fosse conforme all’ordine pubblico.
Quale sarebbe la conseguenza del lancio del fascicolo dal banco del giudice e, dunque, dove si sostanzierebbe il ricatto? Semplicemente nel fatto che chi aveva preteso l’inserimento nel contratto di una tale bruttura, avrebbe in mano un’arma pronta a essere esercitata: non mi tieni lontani i cagnacci della Procura? E io denuncio il contratto avanti un giudice civile e me ne vado. Non posso ottenerne la risoluzione? Me me vado lo stesso. E’ chiaro che la possibilità di esercitare un simile ricatto consente a chi la maneggi di godere di un enorme potere e non mi pare il caso, sul punto, di aggiungere altro se non, a proposito delle due ipotesi, quanto segue.
Questi sono gli investitori esteri: quelli in favore dei quali piangono lacrime virginali politici, giornalisti e opinionisti da tre palle a un soldo, lamentando il fatto che qualcuno o qualcosa in Italia li tenga lontani dall’investire nel nostro Paese.
E questi sono il ceto politico, giornalistico e (bisogna dirlo) sindacale i quali –  almeno il primo e il terzo – agendo su preciso compito istituzionale a essi conferito da elettori e iscritti, si occupano di questioni strategicamente fondamentali, quali il lavoro, la salute, la gestione dello Stato. E con questo, per citare il grande Peppino, s’è detto tutto.

Cesare Stradaioli