PAROLE, PAROLE…

La stampa odierna riporta la notizia intorno un raduno tenutosi ieri a Predappio, in memoria di sappiamo bene chi: basta la parola, come recitava un noto moto pubblicitario d’epoca. In modo particolare, viene dato rilievo al dato numerico della partecipazione: tremila persone, secondo ‘Repubblica’. Suggerisco un diverso modo di ricalcolare il numero di coloro che hanno dato vita e appoggio alla celebrazione: a mio parere, il numero andrebbe aumentato di tre-quattro unità, come minimo, vale a dire chi abbia pensato, chi abbia scritto, chi abbia controllato e infine approvato la titolazione dell’articolo che, riferito al celebrato, lo nomina “Duce”.
Poiché, a titolo personale, non intendo sottoporre a discussione – e, dunque, all’eventuale modifica delle mie idee in proposito – se si tratti o meno di questione di lana caprina e cioè, in definitiva, di una questione puramente semantica, mi limito alle seguenti osservazioni sulle quali, per contro, c’è molto da dire e ascoltare.
Detta in poche parole: chiunque, quindi ben oltre i tremila e spiccioli di cui sopra, ancora adesso, parlando di Benito Mussolini, lo chiami “Duce”, vale a dire utilizzando non solo un termine altamente onorifico – come è noto, o dovrebbe esserlo, riservato nell’antica Roma ai comandanti e ai condottieri – ma addirittura rinforzandolo con la maiuscola, ebbene costoro di fatto si fanno partecipi della pressoché quotidiana operazione di rispetto e di nostalgia in favore di qualcuno che ha fatto quello che ha fatto e non staremo qui a ripeterlo.
Non si tratta quasi mai né di cattiveria, né di doppiezza; che l’Italia non sia un Paese fascista, ma neppure antifascista è considerazione assodata, sol che la si voglia vedere e percepire con un minimo di attenzione. E’ andata com’è andata: nel 1945 si rendeva storicamente necessario un repulisti radicale – non servivano, se non in limitatissimi casi, plotoni di esecuzione: sarebbero bastate delle collocazioni in carcere ovvero a riposo e al minimo di dignità pensionistica in numero di qualche decina di migliaia – e non è stato fatto: i risultati sono, da sempre, sotto gli occhi di tutti. L’albero della smemoratezza, puteolente per natura, ma nel nostro Paese fiorente in maniera perfino splendida, produce i frutti che sa e questo è quanto.
Che, poi, ognuno di noi o quasi conosca personalmente individui, anche solo a parole lontani dal fascismo e da quello che ha significato, i quali per l’appunto utilizzano, anche senza volerlo – sia detto alla siciliana – il termine ‘Duce’ quando, il giorno prima o quello dopo, chiacchierando con gli amici siano in grado di dire con assoluta disinvoltura che ‘ha ragione Nanni Moretti: chi pensa male, parla male e vive male…’, è un altrettanto certo dato di fatto e non rappresenta altro che un terribile mix di ignoranza e conformismo: i quali camminano fianco a fianco e mai separati, come il Gatto e la Volpe, a menare perennemente per il naso tutti i Pinocchi del nostro Paese, poveri di memoria e di nerbo vitale.

Cesare Stradaioli